Tenuta di Capezzana

Storia di Capezzana

A Carmignano la vite si coltivava già nell’epoca preromana, circa 3000 anni fa, come dimostrano i vasi da vino e le coppe da degustazione trovati nelle tombe etrusche.
Nell’archivio di stato di Firenze è stata ritrovata una pergamena datata 804: si tratta di un contratto di affitto che documenta come già 1200 anni fa a Capezzana venissero coltivati olivi e viti per la produzione dell’olio e del vino.
Nel primo Rinascimento una donna, Monna Nera Bonaccorsi, costruiva la prima “casa da Signori” e nove case poderali con i relativi impianti viticoli; era il 1475. Altre generazioni e famiglie si sono avvicendate nella propri- età della tenuta:
i Cantucci, imparentati con i Medici, e i Marchesi Bourbon del Monte. Nel XVIII secolo una Cantucci sposata Bourbon ingrandì la fattoria e acquistò nuovi poderi; introdusse inoltre un metodo amministrativo esemplare, i cui documenti si conservano ancora oggi nell’archivio storico dell’azienda.
Dopo i Bourbon del Monte l’azienda passò agli Adimari Morelli e poi ai Franchetti Rothschild e, dalla vedova Sara de Rothschild, ai Contini Bonacossi nel 1920.

La Tenuta

Attualmente l’azienda ha una superficie complessiva di 670 Ha: 104 sono coltivati a vigneto, e 140 a oliveto. Il centro aziendale è costituito dalla villa padronale, la fattoria, la cantina storica, la cui porzione più antica risale al ‘500, un moderno frantoio ed una ampia vinsantaia, collocata sopra alla cantina.
La nuova tinaia è stata costruita nel 1938 su progetto dell’architetto Giovanni Michelucci.
Capezzana è situata al confine nord del Comune di Carmignano, su uno dei contrafforti che si staccano dal Montalbano, ed è vicina al piede dell’Alto Appennino Tosco-Emiliano, da cui dista non più di 10 km in linea d’aria.
Questo spiega la particolarità del suo clima: l’altitudine non troppo elevata (ca. 200 m. s.l.m.) in estate dà giornate calde, seguite generalmente da notti rinfrescate dai venti che scendono dall’ Appennino. Tutto ciò crea le condizioni per una buona maturazione, che generalmente è anticipata di una o due settimane rispetto ad altre zone viticole toscane. La piovosità è ben distribuita perché i monti di oltre 2.000 metri di altezza esercitano anche un’azione di condensa, che normalmente regala qualche pioggia a giugno e a luglio, mitigando la siccità. Inoltre il Montalbano difende dalle burrasche e dai venti marini, e il suo contrafforte capezzanese si affaccia come una penisola sulla grande pianura Firenze-Prato-Pistoia, permettendo grande insolazione e buona ventilazione.

BIOLOGICO.  Riportiamo per intero il pensiero di Vittorio Contini Bonacossi riguardo all’agricoltura sostenibile.

Nel 2009 abbiamo iniziato un’agricoltura più rispettosa, avvicinandoci a grandi passi al biologico.
Oggi, nel 2013, possiamo finalmente parlare di agricoltura biologica vera e propria: dallo scorso anno siamo infatti in trasformazione per entrare nel 2015 ad essere certificati BIO (l’ente certificatore che ci sta seguendo è BIOAGRICERT).

Il rispetto verso la terra è cosa fondamentale per un normale agricoltore consapevole che dopo di lui altre persone continueranno il lavoro che egli stesso ha ereditato dalla generazione precedente.

Negli ultimi decenni molti agricoltori hanno allentato il contatto diretto agricoltore – terra per molti motivi, il più grande credo che sia dipeso da una forza dirompente dell’industria chimica che ha invaso le campagne con venditori in camice bianco che hanno inebetito e disorientato noi contadini.

Ormai è a tutti chiaro che è la tipicità di un vino, il gusto del terreno, che unicamente può portare a un valore aggiunto del prodotto ottenuto ed è altrettanto chiaro che le aggiunte di prodotti chimici modificano tale gusto, in meglio o in peggio ma lo modificano e fanno perdere il carattere primitivo dato dalla terra, dalla zona, dalla denominazione.

E’ per questo motivo che a Capezzana siamo tornati a delle pratiche agricole che erano in normale uso non molte decine di anni indietro. Non è un ritorno alla preistoria ma solo a una presa di coscienza diversa, più “terra terra”.

Tra queste pratiche agricole ritrovate possiamo citare il “sovescio” cioè il seminare delle leguminose a filari alterni nei nostri vigneti. Le piante leguminose hanno la caratteristica di fissare l’azoto naturale al terreno oltre ad avere anche la funzione di apportare sostanza organica una volta terminato il ciclo di fissazione dell’azoto.

La pratica di seminare un filare alternato a un filare non lavorato ci permette di poter transitare nel filare “sodo” per tutti i lavori di routine come le ramature, lo spietramento, la raccolta dei residui di potatura ed altro. Da notare che questi lavori meccanici vengono eseguiti da trattrici sempre più leggere per cercare di costipare il meno possibile la terra, la terra costipata perde la capacità di incamerare ossigeno ed acqua divenendo facilmente povera di microorganismi e desertica.

Il sovescio deve essere seminato subito dopo la vendemmia per permettere uno sviluppo radicale precoce, prima del freddo invernale. Solo così si è sicuri di ottenere, sulle radici, quei rizomi che conteranno i batteri azoto fissatori. I rizomi si presentano come delle escrescenze, degli ingrossamenti rotondeggianti attaccati all’apparato radicale. Il momento migliore per sfalciare il sovescio è quello della fioritura, andare oltre potrebbe comportare un riassorbimento del tanto desiderato azoto da parte della leguminosa stessa che lo utilizzerebbe per la produzione del seme, per la sua naturale ricerca del riprodursi.

Niente concimi chimici quindi e niente diserbanti, ovviamente. Per sopperire all’azione di quest’ultimi abbiamo ripreso l’utilizzo dello scalzatore interceppo, ovvero di quell’attrezzo meccanico attaccato al trattore, che entra e esce tra vite e vite (generalmente è un piccolo coltro ma può essere anche una lama), un lavoro lento e di precisione che deve essere eseguito da operatori attenti e non furiosi, pena il taglio al ceppo delle viti. Certo che la pulizia non è totale come quella effettuata con il velenoso diserbo ma un pò d’erba è sopportabile e reca nessun danno.

Sempre dal 2009 si pone molta attenzione nel non inquinare la terra con residui di plastica. Specialmente durante la potatura, o quando si espianta una vigna, viene barbaramente istintivo il far cadere i lacci di plastica in terra, quei lacci verdi chiamati “tubetto agricolo” che servono a legare la vite al filo di ferro della spalliera, servono a tener su la vite. Da due anni, appunto, questi residui vengono raccolti dagli operai che li ripongono in un sacchetto di stoffa che tengono appeso al collo, quando il sacchetto è pieno lo rovesciano in un sacco grande posto in testata della vigna , una volta pieno il sacco grande viene portato al centro aziendale e conferito nella raccolta differenziata. E’ sbalorditivo di che volumi si tratti, a fine anno sono chili e chili di indistruttibile plastica sottratta al fertile terreno.

Per ciò che concerne i trattamenti all’apparato fogliare dei vigneti, questi vengono eseguiti con l’utilizzo di solo zolfo Bagnabile o in polvere e di solfato di rame. Nessun prodotto di sintesi potrà essere utilizzato e nemmeno insetticidi che non siano di origine biologica e approvati dall’ente certificatore. Ad ogni modo noi riteniamo pericoloso anche l’utilizzo di questi insetticidi approvati bio perché non sono selettivi e tendono ad uccidere anche gli insetti benefici, quelli cioè antagonisti di quelli nocivi, in primis della tignoletta dell’uva: siamo infatti convinti che la normale lotta naturale sia sufficiente a mantenere un livello sopportabile di eventuale danno da insetti.

Per l’olivo ci limitiamo a utilizzare Rame e Calce soltanto nel caso in cui si verifichi un attacco notevole di mosca olearia, quindi monitoriamo costantemente il ciclo della mosca, attaccando agli olivi delle trappole da mosca e controllando le catture: in base al numero di catture ci rendiamo conto infatti se la ramatura deve essere fatta o no. Pertanto non utilizziamo più il pericoloso Rogor, il veleno specifico che molti agricoltori, poco avveduti, continuano a utilizzare.

Come considerazione finale si può dire che con questo metodo SEMPLICE di fare agricoltura si hanno meno seccature e la coscienza è molto più tranquilla, certi di non fare il massimo ma di non fare danni irreparabili, certi di lasciare, a chi ci seguirà, quello che noi abbiamo trovato. Certi di lasciare terra ancora fertile e non una montagna di plastica avvelenata e sterile.

In questo scritto non si è mai parlato di “lotta integrata” perche è assurdo e perdente in partenza parlare di “lotta” contro la natura. La natura è troppo più forte di noi . Meglio parlare di “rispetto integrato”.

Territorio: Carmignano

Come si è detto a Carmignano si produceva vino fin dall’epoca etrusca e romana. Già alla fine del XIV secolo il mercante pratese Francesco Datini comprava a caro prezzo il vino di Carmignano per la sua cantina, e nel Seicento il poeta Francesco Redi lo decanta come vino degno di Giove. Infine il territorio di Carmignano può vantare di essere stato selezionato nel 1716 dal Granduca Cosimo III de’ Medici come una delle quattro zone a vocazione viticola del Granducato di Toscana. Il Decreto Motu proprio ed il Bando difatti regolamentavano con norme precise la produzione, i limiti geografici e il commercio dei vini prodotti in tali aree, costituendo la prima “doc” esistente al mondo. Alla fine dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento la cantina dell’azienda del marchese Niccolini, i cui terreni fanno oggi parte di Capezzana, produceva ed esportava il vino di Carmignano. Venne poi un periodo di eclissi. Negli anni Trenta l’antica DOC Medicea fu inglobata nella DOC Chianti Montalbano. Il ritorno alla denominazione “Carmignano” rappresentava per i produttori carmignanesi il recupero della identità storico-territoriale del loro vino e fu una conquista lunga e difficile, alla cui realizzazione dette un contributo fondamentale Ugo Contini Bonacossi. Nel 1975 fu finalmente riconosciuta la DOC Carmignano, retroattiva – per il vino invecchiato – fino alla vendemmia 1969. Nel 1990 è stata ottenuta anche la DOCG, retroattiva fino al 1988.

LA PRODUZIONE : VINOOLIO
Per ulteriori informazioni visitare il sito www.capezzana.it