Storia dei Cru

Cru è ormai  una parola inflazionata nel mondo del vino, talmente abusata che da qualche decennio hanno iniziato ad utilizzarla anche nel mondo della birra, completando un’opera che di fatto ha interamente snaturato il termine e confuso le idee in maniera pressoché definitiva alla maggior parte del pubblico. Il termine di origine francesce non corrisponde ad un’esatta traduzione nelle altre linque.

Secondo la Treccani per cru si intende: “terreno considerato dal punto di vista dei suoi prodotti e delle qualità che questi ne traggono”. In particolare, nel linguaggio enologico, zona delimitata produttrice esclusiva di un vino; in senso più ristretto, vigneto che fa parte di tale zona, capace di produrre vino di caratteristiche organolettiche particolarmente pregiate.

Da un punto di vista qualitativo è stata creata la scala dei cru. Al prodotto migliore viene attribuito un valore di 100% e viene assunto come punto di riferimento per classificare gli altri. Tutto ciò serve a dare un prezzo al vino proveniente da ogni cru, ma anche ai terreni in vendita.

Al gradino qualitativo più alto è posto il Grand Cru, seguito da Premier CruDeuxième Cru e via discorrendo. La detenzione del titolo “grand cru” garantisce non solo la qualità del prodotto al consumatore, ma anche la maggiore possibilità di guadagni al produttore.

Il produttore di vino per eccellenza è la Francia che vanta grandi aree di produzione di vini Premier Cru e Grand Cru: fra queste, la Borgogna, la Savoia e l’Alsazia, regioni nelle quali le uve vengono lavorate vigna per vigna in modo tale da non entrare mai a contatto fra loro.

A Bordeaux il concetto di cru è stato introdotto nel 1855, per classificare i migliori vini prodotti nella zona.
Per stilare la famosissima graduatoria si è utilizzato un metodo abbastanza razionale e moderno: si è preso quale riferimento il prezzo dei vini, cioè il prezzo che questi vini riuscivano a spuntare sul mercato e si sono stabiliti 5 livelli per i rossi e 3 livelli per i bianchi delle migliori 88 aziende (61 per i rossi e 27 per i bianchi) allora esistenti. Dunque a Bordeaux il titolo di cru venne attribuito ai produttori, alla marca o se vogliamo utilizzare un inglesismo, come si è soliti fare quando si parla di fenomeni economici, al “brand”.

Fu Napoleone III che scrisse all’unione dei “courtiers” della Borsa di Bordeaux una lettera datata 6 aprile 1855 in cui chiedeva l’invio di un elenco ben preciso e completo di tutti i vini rossi classificati per il loro valore ed anche per i vini bianchi.
La Borsa di Bordeaux con molta solerzia rispose il 18 aprile 1855 redigendo la classificazione in funzione della reputazione dei produttori e del prezzo della loro produzione sulla base di una tradizione di due secoli di classificazione informale.
I rossi come è noto erano tutti secchi, mentre i bianchi erano limitati alle varietà Sauternes e Barsac, vini botritizzati, dunque dolci.
La classificazione ha subito due sole modifiche in 159 anni: una appena dopo 5 mesi, a settembre 1855 Château Cantemerle è stato aggiunto come cinquième cru e nel 1973, Château Mouton Rothschild ha ottenuto il privilegio di i passare da deuxième à premier cru. Da allora, i vigneti hanno cambiato dimensioni, senza che questo abbia comportato variazioni o eventuali declassamenti.

In occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1855, Napoleone III richiese di poter stilare una graduatoria dei migliori vini francesi. Questa fu la prima classificazione dei grand cru e riscosse di grande fama per la novità di presentare un vino di pregio, riconosciuto come tale dalla legge. In tal modo, i prezzi aumentano e la notorietà del vino riesce a trainare anche quelli meno famosi della stessa zona.

I CRU in Italia: significato e utilizzo

Qui in Italia l’utilizzo è più aleatorio, in quanto nessuna legge fino ad oggi regolamenta l’utilizzo di tale termine.

Esiste un’associazione che si chiama Comitato Grandi Cru d’Italia fondata nel 2005 da 39 produttori di prestigio italiani (tra i quali la Marchesi de’ Frescobaldi), ma si tratta di associazione spontanea tra produttori, alla quale si sono aggiunti via via molti altri produttori, ma ciò non consente l’utilizzo della parola cru in etichetta.

Inoltre esiste la classificazione dei Grand Cru d’Italia secondo una casa d’aste. La Classificazione riguarda le etichette di vino italiane più ricercate ed apprezzate da collezionisti ed investitori di tutto il mondo, classificate in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti registrati dalla Gelardini & Romani Wine Auction.
Questo metodo di classificazione dei Grand Cru d’Italia ricalca quello utilizzato per la classificazione dei Grand Cru di Bordeaux, ovvero il livello di prezzo dei vini di riscontrabile sui mercati secondari. Si tratta di una classificazione fatta da una società privata, senza il controllo di un ente, ma non è priva di fondamento.

Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi (Toscana)
Toscana Super Tuscan Masseto Tenuta dell’Ornellaia (Toscana)
Barolo Monfortino G. Conterno (Piemonte)
Amarone Riserva Dal Forno (Veneto)
Barolo Riserva Rocche del Falletto B. Giacosa (Piemonte)
Super Tuscan Redigaffi Tua Rita (Toscana)
Amarone Riserva Quintarelli (Veneto)
Super Tuscan Sassicaia Tenuta San Guido (Toscana)
Barolo Sperss Gaja (Piemonte)
Barolo Brunate Voerzio (Piemonte)
Super Tuscan Messorio Le Macchiole (Toscana)
Barbaresco Riserva Asili B. Giacosa (Piemonte)
Brunello di Montalcino Madonna del Piano Valdicava (Toscana)
Brunello di Montalcino Riserva Soldera (Toscana)
Super Tuscan Solaia Antinori (Toscana)
Barbaresco S.Stefano B. Giacosa (Piemonte)
Barolo Granbussia A. Conterno (Piemonte)
Barbaresco Gaja (Piemonte)
Super Tuscan Ornellaia Tenuta dell’Ornellaia (Toscana)
Barolo Cascina Francia G. Conterno (Piemonte)
Barolo Vigneto Arborina E. Altare (Piemonte)
Super Tuscan L’Apparita Castello di Ama (Toscana)
Barolo Cannubi Boschis Sandrone (Piemonte)
Super Tuscan Pergole Torte Montevertine (Toscana)
Super Tuscan Saffredi Le Pupille (Toscana)
Super Tuscan Tignanello Antinori (Toscana)
Super Tuscan Oreno Sette Ponti (Toscana)
Super Tuscan Flaccianello Fontodi (Toscana)

 

La Birra Grand CRU

Da poco si è anche diffusa la birra Grand Cru, con riferimento al prodotto più pregiato dell’azienda. L’unica birra grand cru d’Italia viene prodotta da Birra Moretti, realizzata in occasione del 150° anno di attività del birrificio.

Birra Moretti Grand Cru è stata pensata per i grandi intenditori: l’alta fermentazione, che continua in bottiglia, il colore ambrato e gli alti standard qualitativi sono alla base di questo prodotto. L’aroma speziato e il corpo intenso sono garantiti dal prezioso tappo in sughero, il tutto in una speciale bottiglia in vetro da 75 cl. La birragrand cru dà il meglio di sé ad una temperatura di 3 gradi, e si abbina a moltissimi piatti della migliore tradizione italiana: primi non troppo speziati, carni bianche, arrosti, selvaggina e formaggi freschi.

Tanto è importante fregiarsi del titolo di grand cru che lo scorso 14 novembre, a Roma, si è svolta la premiazione del concorso per il Premio Birra Moretti Gran Cru, alla prima edizione. A vincere il premio è stato Giuliano Baldessari, sous chef del ristorante “Le Calandre” nel padovano, gestito da Massimiliano Alajmo. Inoltre Birra Moretti si è riconfermata Main Sponsor dell’VIII Edizione di Identità Golose 2012 riproponendo il vincitore della prima edizione Baldessari e gli altri due finalisti del concorso 2011, Giovanni Sorrentino e Antonio Cuomo, premiati per la loro cucina d’autore.