Per ogni vino il suo tappo

Tappi di sughero naturale

I tappi di sughero, utilizzati sin dall’antichità per chiudere le anfore, pare siano entrati nell’uso comune per la chiusura delle bottiglie di vino con la messa a punto del metodo champenoise: un altro merito del leggendario frate benedettino Dom Perignon. Il sughero venne scelto in virtù di alcune straordinarie caratteristiche che, nell’insieme, lo rendono un materiale ideale per la tappatura delle bottiglie di vino: è impermeabile ed elastico (per cui garantisce un’ottima aderenza al collo della bottiglia isolando il vino dagli agenti esterni) e presenta delle microporosità naturali che consentono una lentissima ossigenazione del vino. Ora, se è vero che un contatto eccessivo con l’aria genera fenomeni di ossidazione e favorisce lo sviluppo dei batteri nel vino, uno scambio lento e misurato durante l’affinamento in bottiglia (la seconda fase dell’invecchiamento) consente un’ottimale evoluzione delle qualità organolettiche conferendo personalità, morbidezza ed eleganza.
Tuttavia l’utilizzo dei tappi di sughero non è scevro da inconvenienti e, tra questi, il vino che “sa di tappo” è il più frequente e temuto dai consumatori ma ancor più da produttori e imbottigliatori, visto che l’incidenza media è stimata tra l’1 e il 15% delle bottiglie prodotte. L’odore e sapore di tappo sono generalmente dovuti a un difetto del sughero, ossia alla presenza di un fungo che ha infestato le radici della pianta, ma una stima dell’incidenza di questo problema è molto difficile perché: talvolta l’assaggiatore non professionista può confondere quello di tappo con altri odori di legno marcio, muffa o feccia, dovuti magari alla permanenza in botti di scarsa qualità o mal conservate, all’utilizzo di un ambiente o di attrezzature poco puliti oppure, addirittura, alla vinificazione di uve imperfette. D’altro canto, talvolta, possono essere imputati al vino altri  odori o opacità determinati dal tappo. Per contrastare il sentore di tappo, sono stati condotti continui perfezionamenti della tecnica produttiva (come la “distillazione a vapore controllata”) e inserite nuove analisi chimiche per rimuovere i tappi eventualmente affetti da TCA (2,3,6-tricoloroanisolo) o altre sostanze che possono determinare l’insorgere del cattivo odore. Inoltre sono state sviluppate nuove tipologie di tappi di sughero.

Infine il tappo in sughero incapsulato (o tappo a “T”) è stato sviluppato per i vini liquorosi o i liquori, insomma per quelle bottiglie che possono durare aperte più a lungo e che quindi hanno necessità di un tappo “leva e metti” e che al contempo non necessitano di una pressione molto forte sulle pareti del collo della bottiglia.
Per riassumere: il sughero è il tappo della tradizione e del fascino ed è, attualmente, la strada maestra per l’invecchiamento in bottiglia. E comunque il tappo di sughero resta una scelta che non è mai di per sé sbagliata soprattutto oggi che le nuove evoluzioni tecnologiche consentono di utilizzarlo al meglio nelle occasioni più diverse… a meno che non si voglia tirare sul prezzo: tappi di qualità scadente possono compromettere seriamente il vino. Quindi sughero sì, ma solo di qualità!

I tappi sintetici

I tappi sintetici NON sono tappi in silicone ma sono realizzati con polimeri termoplastici espansi a caldo, talvolta lubrificati in superficie (come può avvenire anche per i tappi in sughero) con materiali siliconici (da qui, forse, il fraintendimento sulla natura del materiale) per facilitare sia l’inserimento in bottiglia che la stappatura. I primi tappi in materiale sintetico risalgono a una quarantina di anni fa ma è soprattutto negli ultimi venti anni che hanno cominciato ad essere presi seriamente in considerazione e da allora molto sono migliorate sia le qualità sia tecniche che estetiche (la componente edonistica nel consumo del vino, non dimentichiamolo, fa la sua parte). I tappi sintetici hanno decisamente alcuni punti forti: sono sterili (per cui non possono essere aggrediti da muffe), non si sgretolano e sono sufficientemente isolanti per mantenere costanti le caratteristiche organolettiche del vino per un tempo ragionevole. Tuttavia, nonostante lo sforzo continuo dell’industria nel cercare di imitare la struttura del sughero, attualmente non sono in grado di offrire quella particolare porosità che favorisce l’evoluzione del vino nel tempo.
Quindi, per i vini da consumare giovani, diciamo entro un paio d’anni al massimo dall’imbottigliamento (com’è per la stragrande maggioranza dei vini bianchi ma anche molti rossi, anche di qualità ma di pronta beva), il tappo sintetico potrà offrire un buon servizio, scongiurando anche il flagello del difetto da tappo. Attenzione, però: anche in questo caso per non compromettere il vino è importante scegliere buoni tappi.
E volendo soprassedere sui tappi di scarsa qualità, non tratteremo del tappo a fungo in polietilene usato talvolta per gli spumanti gassificati.

Tappi in vetro

Sono sempre di più i convinti sostenitori del tappo in vetro come migliore soluzione alternativa al tradizionale tappo in sughero. E in effetti i punti di forza di questo tipo di tappo sono davvero notevoli:

  • il vetro è IL materiale idoneo per eccellenza alla conservazione del vino: è un materiale perfettamente sterile, in grado di evitare ogni possibile contaminazione ed è per questo che è il materiale con cui sono realizzate le bottiglie, quale migliore accredito?
  • è immune all’azione del tempo, mentre restano delle incertezze sulla durevolezza dei tappi sintetici
  • la piccolissima guarnizione (in polivinilcloruro, un materiale che non contiene né PVC né silicone) e la capsula in alluminio assicurano la totale ermeticità
  • la stappatura non necessita di alcuna attrezzatura ed è particolarmente semplice; inoltre il tappo stesso può essere comodamente riutilizzato per richiudere la bottiglia
  • il vetro è un materiale perfettamente riciclabile e quindi anche ecologico
  • il tappo in vetro è oggettivamente bello e se non ha il fascino della tradizione ha sicuramente quello della purezza del materiale.

Il mondo del vino ha affrontato la ricerca su questa nuova tipologia di tappo con grande maturità: sono infatti state condotte diverse sperimentazioni che hanno posto a confronto vini del tutto uguali e conservati in condizioni identiche ma con tappi differenti (sughero e vetro appunto). Queste sperimentazioni pare abbiano dato risultati del tutto positivi per il vetro: le bottiglie così tappate hanno presentato una maturazione e una qualità organolettica in linea (in alcuni casi si dice persino superiore) con quella delle bottiglie tappate con il sughero. Ci sono però alcuni limiti, soprattutto di ordine economico:

  • bottiglie e tappatori ad hoc: mentre per i tappi sintetici è possibile usare le stesse bottiglie e attrezzature utilizzate per i tappi in sughero
  • costo per tappo, in linea con quello dei tappi in sughero della più alta qualità

Insomma, il tappo in vetro si candida forse ad un futuro di grande successo ma, al momento, risulta eccessivamente impegnativo per le piccole cantine e del tutto ostico per un impiego amatoriale.

Tappi a vite

I tappi a vite (noti anche con il termine inglese “screwcap”) non sono più quelli di una volta, nel senso che i tappi di ultima generazione sono un prodotto molto più tecnologico di quelli che un tempo (le prime apparizioni risalgono agli anni Cinquanta) servivano a chiudere i bottiglioni. Salta subito all’occhio, infatti, che la chiusura si è integrata con la sovracapsula per cui sarebbe più corretto parlare di “capsule a vite” piuttosto che di tappi a vite.
La capsula esterna in alluminio funge da “struttura” del tappo e trattiene una guarnizione impermeabile che funge da isolante. La guarnizione è composta da un materiale poliaccoppiato formato da uno strato di polietilene espanso (all’esterno), uno di stagno (intermedio) e da una pellicola (all’interno) idonea all’uso alimentare. La pellicola, la sola ad entrare in contatto con il vino, è realizzata con una resina sintetica che dovrebbe garantire una totale assenza di contaminazioni mentre, nell’insieme, la chiusura con la capsula filettata che si aggrappa al collo della bottiglia (anch’esso appositamente filettato), assicurerebbe uno scambio di gas (ossigeno e anidride solforosa) con l’ambiente controllato e adeguato al naturale processo di invecchiamento del vino.
E perché dubitarne se molti consorzi hanno già modificato il proprio disciplinare o hanno dichiarato che lo faranno al più presto per consentire che anche i vini DOCG possano essere chiusi con i tappi a vite (il Consorzio del Soave ha immediatamente dato il via libera per il Soave Superiore DOCG)? Molti, infatti, si sono proclamati più che soddisfatti o, addirittura, entusiasti dei risultati qualitativi ottenuti con i tappi a vite che, per certe tipologie di vino, sarebbero superiori anche a quelli ottenuti con i tappi di sughero.
Certo però non è facile ignorare il peso dell’export sul complesso delle vendite dei vini italiani (in ulteriore crescita del 15% nel 2013, anche se mentre il valore è aumentato, i quantitativi sono un po’ scesi) e che dagli Stati Uniti (dove l’Italia è il primo esportatore di vino) come dagli emergenti mercati del Nord Europa arrivano richieste molto precise in merito al confezionamento dei vini (insieme a un volume notevole di bottiglie rese per il difetto di tappo). Non è del tutto da escludere, insomma, che questa grande opportunità di mercato possa condizionare, almeno in parte, la valutazione dei risultati ottenuti e forse, solo il tempo e l’esperienza potranno stilare un giudizio definitivo.
Del resto non è facile neppure abituarsi a un tipo di chiusura che per molti anni abbiamo associato a un’idea di vino grossolano e sommario per cui, nonostante l’aspetto estetico sia molto migliorato, ci vorrà tempo anche per rimuovere questa sorta di barriera psicologica. Tuttavia, se i frutti saranno quelli promessi, non dovremo neppure consentire ad un eccessivo attaccamento alla tradizione di impedire al settore di continuare a crescere e a migliorarsi, anche in termini di servizio, offrendo al pubblico un tappo effettivamente molto pratico. In ogni caso per l’imbottigliamento domestico, che in genere interessa vini di pronta beva, il tappo a vite non è mai controindicato e quindi scegliete in tutta tranquillità ma considerate che, se opterete per i nuovi modelli di tappi a vite, di cui si è appena detto, il risparmio rispetto a quelli di sughero non sarà poi così significativo.

Tappi a corona

Il tappo a corona (o “crown cork”) ha una storia più antica di quanto si pensi comunemente: fu brevettato sul finire del XIX secolo e ben resto, per merito della capacità di resistenza a pressioni molto forti, entrò nell’uso comune per chiudere le bottiglie di bevande frizzanti. Il tappo metallico è rivestito internamente di un sottile strato di materiale elastico (un tempo era in sughero, oggi solitamente è in materiale plastico) che, pressato in fase di tappatura contro la bocca della bottiglia, funge da guarnizione garantendo l’ermeticità della chiusura.
E proprio in virtù della notevole resistenza alla pressione dei gas, i tappi a corona sono spesso utilizzati in enologia nella produzione degli spumanti metodo classico: dopo l’aggiunta del “liqueur de tiragee” le bottiglie sono chiuse con il tappo a corona e la bidule, un piccolo tappo cilindrico in plastica e messe a testa in giù: la bidule serve a raccogliere le fecce e i lieviti esausti. Bidule e tappo a corona sono poi rimossi per consentire la sboccatura e le bottiglie sono definitivamente richiuse con il tappo in sughero.
Inoltre, nella continua caccia alle soluzioni alternative al tappo di sughero, alcuni pionieri, produttori che sostengono che la maturazione non ha bisogno di ossigenazione per portare il vino ad esprimersi pienamente, hanno scelto il tappo a corona per i loro vini, anche vini di qualità. Del resto, il tappo a corona offre un enorme vantaggio di prezzo, essendo di gran lunga il modello più economico tra quelli esaminati, e di praticità sia in fase di tappatura (anche se è bene utilizzare una buona tappatrice per assicurare un adeguato isolamento al vino) che al momento di aprire la bottiglia.