LUGANA DOC (DPR 21.07.1967 – GU N. 210 DEL 22.08.1967)

I vini a denominazione di origine controllata “Lugana” devono essere ottenuti dalle uve provenienti dal vitigno Trebbiano di Soave localmente denominato Turbiana o Trebbiano di Lugana. Ma se il disciplinare di produzione prevede la presenza di vitigni complementari a bacca bianca, purché non aromatici, per una quota del 10%, oggi i produttori della zona tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve Turbiana. Un atto dovuto a un vitigno che ha dimostrato di avere in questo terroir risorse insperate per una varietà di Trebbiano.

L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana: la versione “base”, il Superiore, la Riserva, la Vendemmia Tardiva e lo Spumante.

[pullquote]Bevi il tuo Lugana giovane,
giovanissimo
e godrai della sua freschezza
Bevilo di due o tre anni
e ne godrai la completezza
Bevilo decenne, sarai stupefatto
dalla composta autorevolezza
Luigi Veronelli[/pullquote]

Il Lugana “base” è il motore produttivo di tutta la denominazione, il suo mattone fondamentale, l’ago qualitativo della zona: il suo volano produttivo copre quasi il 90% della Doc. Presenta un colore giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli; i profumi, delicati, quasi accennati, offrono sensazioni floreali miste a note di mandorla; il gusto è garbato, stilizzato, definito, teso e gustoso.

 Introdotto nel disciplinare di produzione a partire dal 1998, il Lugana Superiore, che per definirsi tale in etichetta deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento o affinamento di almeno un anno a partire dalla vendemmia, presenta un profilo più variegato e complesso: il colore ha riflessi più dorati; i profumi, più articolati, offrono sentori di erbe di campo, di clorofilla, di mela matura, di agrume (mandarino in primis), uniti a note di nocciola o spezie con il passaggio nel legno (oggi sempre meno nuovo e tostato, e più grande in capacità); il palato, di maggior struttura, è sorretto da un’acidità viva e tonica, ed è attraversato da una sapidità di matrice minerale che sa conferire intriganti sfumature “salate” al vino.

Il Lugana Riserva è la naturale evoluzione della tipologia Superiore: deve invecchiare o affinarsi per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, ha toni cromatici più accesi, profumi più evoluti e complessi, con note affumicate di pietra focaia e riflessi balsamici, una mineralità più calda al palato, ma parimenti avvolgente, sapida e persistente.

La longevità di queste versioni “secche” e “ferme” varia da tipologia a tipologia, ma anche da stile a stile: oggi che la produzione è sempre più orientata a vinificazioni in acciaio e “sur lie” (soste prolungate del vino sui propri lieviti per aumentarne corpo e sapore), nonché ad affinamenti misti (parte in acciaio e parte in legno) per le selezioni più importanti (siano esse Superiore o Riserva), il Lugana si scopre ancora più longevo rispetto al precedente passato.

La versione “base” può così rimanere in cantina anche per due-tre anni; mentre le versioni Superiore e Riserva hanno una potenzialità evolutiva che può tranquillamente dipanarsi lungo una decina d’anni.

Le ultime due tipologie previste dal disciplinare presentano caratteristiche particolari.

La novità è senz’altro rappresentata dalla Vendemmia Tardiva, un Lugana diverso, più “sperimentale”, lontano però dalla dolce viscosità di un passito tradizionale. Questo Lugana viene infatti ottenuto con una “surmaturazione” in pianta attraverso una raccolta tardiva delle uve tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, senza ulteriori appassimenti in fruttaio. Queste uve più ricche e concentrate conferiscono al Lugana un profilo tendenzialmente “tardivo”, quindi più morbido e denso, ma non eccessivamente dolce, dove il residuo zuccherino viene efficacemente bilanciato dall’acidità sul modello delle Vendange Tardive alsaziane o delle Spätlese tedesche.

La versione Spumante, introdotta nel disciplinare di produzione a partire dal 1975, rappresenta invece, al di là dell’esiguità dei numeri produttivi, una tradizione consolidata. Si narra infatti, anzi lo racconta Camillo Pelizzari nel suo fondamentale La Lugana e il suo vino (1942), che sul finire dell’Ottocento un gruppo d’industriali della Champagne, in visita a San Martino della Battaglia, tentò senza grande successo (a causa della scarsa produzione) d’investire sulla spumantizzazione del Lugana, volendo addirittura creare a Rivoltella una cantina per la produzione di uno spumante a metodo classico sul modello della Champagne. Oggi il Lugana Spumante è prodotto sia con il metodo Charmat o Martinotti (presa di spuma in autoclave) sia con il metodo classico (rifermentazione in bottiglia). Nel primo caso il quadro organolettico è improntato a una maggior semplicità e freschezza, con profumi primari di agrume (cedro in primis) e un perlage più cremoso e generoso, mentre nel secondo il profilo diventa più raffinato e complesso, con un bouquet più elegante e dinamico, e un perlage più aggraziato e “croccante”.

Le testimonianze storiche sull’origine della vite nella Lugana si perdono indietro nel tempo. Ci sono i famosi vinaccioli di Vitis silvestris ritrovati presso le palafitte di Peschiera del Garda che risalgono all’Età del Bronzo. Ci sono le tradizioni leggendarie riferite al celebre poeta Catullo e al re ostrogoto Teodato, cui si sono aggi unte nel tempo una messe considerevole di citazioni storico-letterarie, a partire dalle «bellissime uve» che Isabella d’Este Gonzaga assaggiò presso i ruderi della villa romana di Sirmione durante il suo viaggio verso il Garda. Ma è solo con gli «squisiti Trebulani» cantati nel De naturali vinorum historia (1595) dal citatissimo Andrea Bacci e con il vino «gagliardo e soave» dell’ancora «fangosa Lugana» descritto da Ottavio Rossi nelle sue Memorie bresciane (1693) che il bianco di queste terre comincia a ottenere le sue prime, specifiche menzioni storiche. Ai primi del Novecento, le parole di don Giuseppe Lenotti riportate nel suo Cenni storici e statistici di Pozzolengo fotografano mirabilmente lo scenario del Lugana contemporaneo: «l’antica selva Lugana, attualmente, è una fertile pianura coltivata quasi tutta a viti e che produce un vino bianco di ottima qualità e di gran pregio anche in commercio».

Il Lugana, come scrisse con acutezza Zeffiro Bocci, è «bifronte», nel senso che ha una doppia appartenenza regionale: da una parte è infatti lombardo, ma dall’altra è anche veneto. “Lombardo-veneto”, insomma, senza che questa espressione abbia diretti riferimenti all’Impero asburgico della Restaurazione post-napoleonica… Non è solo una questione di accenti locali o di divisioni politico-territoriali. C’è anche un curioso bilanciamento di forze in campo. La parte lombarda della denominazione vede infatti una predominanza quantitativa sia in fatto di comuni (ben quattro su cinque – Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato – ricadono infatti nella provincia di Brescia) sia in termini di ettari vitati (ben 750 dei 1000 attuali sono coltivati nel Bresciano), ma quella veneta, che annovera il solo comune di Peschiera del Garda, detiene il primato del volume commerciale, visto che il 60% dell’imbottigliato (circa 9 milioni di pezzi all’anno) è gestito da produttori veronesi.

La particolarità è che tutti i comuni del Lugana ricadono sotto la diocesi di Verona: il vescovo veronese ha infatti giurisdizione anche sulle parrocchie bresciane di Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato. Non a caso, Angela Merici è bresciana di origine (nacque a Desenzano nel 1474, quando il comune apparteneva alla Repubblica di Venezia), ma santa della chiesa di Verona.

Al di là della topografia comunale, il territorio del Lugana è, dal punto di vista vitivinicolo, diviso sostanzialmente in due zone.

La prima, più ampia, quella delle argille più coriacee, è di natura pianeggiante e si estende orizzontalmente lungo l’entroterra compreso tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera. È questo il cuore pulsante della denominazione, che tra Rovizza e Lugana, frazioni depositarie dello stile più “lacustre” e minerale del Lugana, trova le sue zone più storiche ed elettive, anche se nel tempo l’estensione del vigneto ha dovuto qui fare i conti con le esigenze del mattone per il business turistico. Nella parte veneta del Lugana, quella più orientale, c’è come detto il riferimento di un solo comune, Peschiera del Garda, che però contempla al suo interno una delle sottozone più interessanti, quella di San Benedetto di Lugana, vero e proprio “cru” della denominazione.

La seconda zona, di natura più collinare, si allunga dalla celebre Torre Monumentale di San Martino della Battaglia lungo una duplice direttrice: da un lato verso Pozzolengo e dall’altro verso Lonato. Qui le argille si fanno più sabbiose; i rilievi più ondulati e dolci, con altitudini che non superano i 130 metri; i terreni più morenici (soprattutto verso Lonato), con buona presenza di elementi ghiaiosi; i vini meno minerali, più acidi e voluminosi.

Una vocazione internazionale – Da sempre identificato con una delle riviere più belle del mondo, quella del lago di Garda, il Lugana è riuscito a tradurre questo considerevole appeal turistico in una lungimirante e consistente attività di esportazione, dapprima penetrando in quei mercati (primo fra tutti la Germania) che, proprio grazie al turismo, hanno da sempre frequentato il magico mondo di Desenzano, Sirmione e Peschiera, e poi riuscendo a estendere la sua rete di vendita – anche grazie all’instancabile lavoro dei produttori/imprenditori della zona, spesso presenti nelle principali manifestazioni fieristiche internazionali – in paesi più lontani, come quelli del sud-est asiatico (Cina e Giappone), senza dubbio meno legati al territorio d’origine.

Oggi il Lugana – soprattutto con la versione “base” (Spumante e Superiore rappresentato infatti solo il 10% del volano complessivo) – destina all’esteroil 50% della propria produzione, ed è in assoluto il vino più esportato della Lombardia. Il successo di questa vocazione internazionale è tutta nella qualità di un prodotto unico, raffinato e moderno, immediato e complesso, il cui ottimo rapporto qualità/prezzo è in grado di fidelizzare il cliente a tutti le latitudini del pianeta