Fu il Barone Bettino Ricasoli (1809 – 1880), illustre politico ma soprattutto ricercatore ed imprenditore vitivinicolo di grande lungimiranza, il fautore del vino oggi più famoso nel mondo: il Chianti.
Detto il “Barone di ferro”, appena ventenne, cominciò a Brolio le sue ricerche e sperimentazioni, con l’obiettivo di produrre in Chianti un vino di alta qualità, capace di competere a livello internazionale con i grandi vini francesi, all’epoca protagonisti indiscussi. Bettino Ricasoli compì questa missione con la consapevolezza delle potenzialità del terroir di Brolio unita alla fiducia nei progressi tecnologici e nella scienza applicata ai processi di vinificazione.
Bettino viaggiò, visitò cantine, trasferì in Chianti conoscenze e strumenti all’avanguardia, coinvolse nella sua missione ricercatori e studiosi illustri dell’epoca, fu anche saggio e lungimirante uomo di marketing nel prendersi cura degli aspetti di commercializzazione e posizionamento dei vini di Brolio sui mercati internazionali.
Il suo impegno sul fronte dello sviluppo economico del Chianti, si intreccia con la sua storia di uomo politico protagonista del Risorgimento, Primo Ministro nell’Italia unita del dopo Cavour. La sua determinatezza ha dato corso a quello che può essere definito anche risorgimento della vitivinicoltura italiana.
Alla ricerca del vino perfetto, l’impegno di Bettino Ricasoli fu l’origine dello sviluppo della vitivinicoltura in Chianti, secondo moderni principi di organizzazione economica ed agricola. Il Barone diede impulso allo sviluppo di strade e ferrovie ed operò, con grande spirito progressista per quei tempi, al fine di educare e coinvolgere fattori e mezzadri in una filosofia di produzione volta alla qualità.
Nel 1867 il vino di Brolio ottenne la prima medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Parigi.
Nel 1872. Nasce il Chianti
Dopo più di trenta anni di ricerca e sperimentazione, il Barone Bettino Ricasoli ne fissa la formula in una famosa lettera indirizzata al Prof. Cesare Studiati dell’Università di Pisa:
… Mi confermai nei risultati ottenuti già nelle prime esperienze cioè che il vino riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo (a cui io miro particolarmente) e una certa vigoria di sensazione; dal Canajuolo l’amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli nulla del suo profumo per esserne pur esso dotato; la Malvagia, della quale si potrebbe fare a meno nei vini destinati all’invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle due prime uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all’uso della tavola quotidiana …
Recentemente il disciplinare è stato modificato, abbandonando la Malvasia, come già ipotizzava Bettino Ricasoli, lasciando protagonista il Sangiovese, con una quota massima consentita fino al 20% di altre uve a bacca rossa.
Fonte: Ricasoli